L’ORA SANTA

L’ORA SANTA con Santa Gemma Galgani

Ossia UN’ ORA DI ORAZIONE CON GESÙ AGONIZZANTE NEL GETSEMANI PRATICATA DA S. GEMMA GALGANI

S. GEMMA GALGANI nata in Camigliano (Lucca) il 12 Marzo 1878 apparve fin dall’infanzia prevenuta da speciali benedizioni del cielo. Cresciuta in età, si manifestò in lei una devozione af­fatto singolare alla Passione SS. di N. S. Gesù Cristo, unita ad un desiderio veemente di partecipare alle pene del suo sposo divino. Fu pienamente appagata e potè ripetere con l’Apostolo: il mio vivere è Cristo. Chiese insistentemente d’essere Passionista, non esau­dita, emise privatamente i voti propri delle Passioniste, imitandone il genere di vita. Morì a Lucca l’11 Aprile 1903. Innumerevoli grazie si sono ottenute per sua intercessione, si che il nome di Gemma è conosciuto in tutte le parti del mondo; Per sentenza della stessa S. Congregazione «Gemma, se non per abito e per professione, senza dubbio per desiderio e per affetto, meritamente va annoverata tra le Religiose Figlie di S. Paolo della Croce».

Fu beatificata dal Sommo Pontefice Pio XI il 4 maggio 1933 e canonizzata dall’immo-diato successore Pio XII.

Con decreto della S. Penlienzierla in data 21 Marzo 1933, il Santo Padre Pio XI concesse a chi pratica il pio esercizio dell’Ora Santa

Indulgenza plenaria, per tutti coloro che confessati e comunicali, praticano questo pio esercizio per un’ora intiera pregando secondo le intenzioni di Sua Santità, in qualunque chiesa o oratorio pubblico, o anche semipubblico per coloro che possono legittimamente servirsene.

L’ORA SANTA

Se tutti quei modi di onorare i vari misteri della Passione di Gesù Cristo, trovati e promul­gati da alcuni Santi, sono lodevoli, lodevolissi­mo è certamente quel modo che insegnò Gesù stesso a Santa Margherita Maria Alacoque, al­lorchè apparendole le ingiunse “di vegliare” per un’ora tutte le notti dal Giovedì al Venerdì, e prostrata in divota orazione, tenergli “compagnia nelle agonie del Getsemani, per “compensarlo in qualche modo dell’amarezza” che soffrì per l’abbandono degli Apostoli, e intanto implorar misericordia pei peccatori. (Vita di S. Margherita Maria Alacoque). Ti sia dunque carissima, o anima pia, una divozio­ne insegnata e raccomandata da Gesù Cristo stesso.

Questo pio esercizio consiste nel fare un’ora intiera d’orazione (sia vocale o sia mentale) che abbia per oggetto l’agonia di nostro Signor Gesù Cristo nell’orto degli Olivi e si pratica la sera del Giovedì dal momento in cui è permes­sa la recita del mattutino pel dì seguente, fino alla mezzanotte.

Questa divozione è nata a Paray-le-Momal, ed ivi è stata eretta a modo di Confraternita, e a tutti coloro che vi si fanno ascrivere il Sommo Pontefice Gregorio XVI concesse l’indulgenza plenaria per ogni volta che nel modo sopraindicato faranno l’Ora Santa, purchè ricevano i Sacramenti della Penitenza ed Euca­ristia. Quanto alla confessione non v’è bisogno di ripeterla per coloro che hanno il pio costu­me di confessarsi ogni settimana; e quanto alla Comunione lo stesso Pontefice concede che possa farsi o il Giovedì o il Venerdì seguente. Questa indulgenza è applicabile alle anime del Purgatorio.

INTRODUZIONE

Mettiti, o anima pia, alla presenza del tuo amatissimo Salvatore, e ri­pensa a quella notte nella quale do­po aver istituito la santa Eucaristia per farsi tuo cibo, il buon Gesù esce con i suoi Apostoli dal Cenacolo per recarsi all’Orto degli Olivi e dar principio a quella crudelissima passione con cui doveva salvare il mondo. Una mor­tale tristezza si mostra sulla fronte e si pa­lesa dalle parole dell’afflitto Gesù. Un pal­lore di morte adombra quel volto, su cui or ora splendevano tutte le grazie del Paradiso. Intanto l’affannato Salvatore posa sopra di te i suoi sguardi come se volesse dirti: Cara anima, che mi costi tante pene, fermati meco almen per un’ora, e guarda se v’è dolore uguale al mio dolore… Ma sappi che nella notte della mia agonia cercai invano chi mi consolasse: Consolantem me quaesivi et non inveni.

Adorabile Gesù, potrà mai esservi crea­tura sì ingrata, e sì dura di cuore, che si ri­cusi di passare un’ora in vostra compagnia, ricordando quei misteri di sommo dolore e di sommo amore che si compirono nell’oscurità della notte della vostra passione sulle sacre zolle del Getsemani? Buon Gesù, eccomi a voi: degnatevi svelarmi l’atrocità delle vo­stre pene e quell’eccesso di amore che vi con­dusse a farvi vittima de’ miei peccati e dei peccati di tutti gli uomini.

Allorché l’Ora santa si fa da parecchie persone insieme, il potrebbe alternare ad ogni quarto d’ora qualche divoto canto, e però ne diamo qui analoghe strofe.

 

INTRODUZIONE

O redenti, deh! venite

Tutti all’orto degli olivi,

Dove versa il sangue a rivi

Per salvarci il Redenior!

E con esso almeno un’ora

Tratteniamoci adorando,

Supplicando, ringraziando,

Compatendo al suo dolor.

 

PRIMO QUARTO D’ORA

La tristezza di Gesù

Tristis est anima mea usque ad mortem. Non v’è pena maggiore di quella che con verità può compararsi alle pene della morte. Ora il Salvator nostro, che è ve­rità infallibile, per farci intendere l’eccesso del dolore che venne ad opprimerlo allorché entrò nel Getsemani, dice che l’anima sua presa da mortale tristezza: cioè, che il dolore ch’Ei soffre è tale da potergli cagionare la morte. E ciò detto s’inoltra nell’Orto degli Olivi, finché giunto a quel luogo dove soleva passare le notti in orazione, esorta i suoi fe­deli discepoli (che aveva condotti seco fin entro l’orto perché fossero testimoni delle sue pene) a vegliare e pregare con Lui. Indi allontanatosi da loro quanto un lanciar di pietra s’inginocchiò innanzi alla Maestà del Padre per dar principio all’orazione più do­lorosa, e insieme più generosa che mai sia stata fatta sopra la terra.

Il primo motivo della tristezza di Gesù nel Getsemani fu quell’orrendo cumulo di strazi e di obbrobri che in brev’ora, doveva piom­bare sopra di Lui come i tempestosi flutti d’un mare sconvolto da furiosa procella. In­fatti, non appena si fu scostato dai cari di­scepoli gli si pararono davanti al pensiero tutte le orribili scene di dolore e di sangue della sua imminente Passione. Tradimenti, disonori, scherni, calunnie…. E di più un’a­troce flagellazione con tal tempesta di colpi da far andare in aria a brani le carni lace­rate e scuoprire le ossa. Ma non basta. La sacra testa dev’essere tormentata da una mol­titudine di grosse spine, che han da restarvi fitte fino a morte. E di più schiaffi, sputi, scherni… Ma non basta. Deve trangugiarsi, l’infamia d’una condanna legale, e vedersi aborrito dai magnati della sua nazione e dal popolo. Moribondo poi per tante pene, ha da trascinarsi al monte del sacrificio colla croce sulle lacere spalle, è cader più volte semivivo sotto l’enorme peso … Beversi l’amaro fiele… Essere denudato in mezzo a un’insolente mol­titudine… lasciarsi inchiodare mani e piedi… Dover penzolare per tre ore da quegli un­cini di ferro, e star lì sospeso tra cielo e terra per espiare in un abisso di pene le iniquità dell’uman genere! Ma non basta. A quel­l’atrocità di spasimi dovrà aggiungersi il più amaro scherno, gl’insulti e le provocazioni più trafiggenti… Poi la cocente sete, resa più tormentosa dall’aceto… L’abbandono del Pa­dre… L’immenso dolore della dilettissima Madre… L’orribile e desolata morte!…

Anima redenta, figlia delle atroci pene di Gesù, considera il tuo Salvatore sommerso in un abisso di dolori… e ciò per amor tuo… per salvarti… per condurti seco in Paradiso…

Oppresso da tanta angoscia, Gesù si acco­sta ai tre discepoli cui aveva raccomandato di vegliare e pregare; ma li trovò addormen­tati! Per l’agonizzante Gesù, non v’è una parola di conforto… non v’è un sentimento di compassione!… Nell’amarezza dell’abban­dono, Ei volge a te, o anima pia, il mori­bondo sguardo, per vedere se può trovar nel tuo cuore qualche affetto di compassione di riconoscenza. E tu non avrai una parola pel buon Gesù? Che avresti detto se real­inente ti fossi trovato presso di Lui

nella notte della sua agonia? Deh! apri il tuo cuore, e fa ora ciò che avresti fatto allora che gli è ugualmente gradito, perchè sempre egli accetta con egual compiacenza le affet­tuose espressioni che partono dal cuore dei suoi fedeli (Pausa).

OFFERTE

Padre santo, che avete amato il mondo fino a sacrificare il Figlio vostro umanato, in nome di tutti i redenti io vi ringrazio di quest’atto della vostra infinita carità, offren­dovi la perfettissima santità e tutti i meriti del medesimo vostro Unigenito. Pater, Ave e Gloria.

Padre santo, che per liberare noi da eter­na perdizione avete accumulato sull’adora­bile Umanità del vostro Unigenito l’esecrabil carico di tutte le nostre iniquità, io vi offro le agonie di Gesù nel Getsemani, supplican­dovi di concedermi di godere in eterno il frutto delle sue orribili pene. Pater, Ave e Gloria.

Padre santo. che per riconciliare colla of­fesa Maestà vostra la colpevole umanità ave­te sottoposto ai rigori d’inesorabile giustizia l’innocentissimo vostro Unigenito che ha do­vuto portar le pene meritate dalle nostre colpe, io vi offro l’amorosa sommissione di Gesù nel Getseniani, supplicandovi a conce­dere conversione e salute a tutti i peccatori. Pater, Ave e Gloria.

Oh, come s’oscura quel Sole divino!

Oh, come s’attrista Gesù nel Giardino!

Oh, ciel! come piange per me il Salvator.

Ei vede che vano sarà il suo patire

Per molti redenti, che voglion perire

E vista sì orrenda gli lacera il cor !

 

SECONDO QUARTO D’ORA

Gesù geme sotto il peso delle umane iniquità

Già una lunga ora di pene è trascorsa per Gesù fra le tenebre della notte e nell’abbandono di tutti i suoi cari. La viva apprensione degli atroci strazi che lo at­tendono ha sparso il terrore e l’affanno nella benedetta anima sua. Ei sente vie più l’enor­me peso della missione di Salvatore del mon­do… vede esser giunto il tempo della sua immolazione Cielo, terra e inferno già sono armati contro di lui… ei deve sostenere una gran battaglia, tutti i colpi della quale sono stagliati contro di Lui stesso!…

Gesù che fa? impallidito, tremante, si volge al Padre e umilmente esclama: Padre, se è possibile, passi da me questo calice… Qual risposta riceverà l’umile prece del Fi­gliolo di, Dio? Il Cielo è chiuso… per Gesà non v’è risposta! Egli vuol soffrire anche questa pena per ottenere a noi umile perse­veranza nella preghiera, e costante pazienza allorchè sembra che il Cielo sia chiuso alle nostre suppliche. Ah!, buon Gesù! non v’è pena che voi non abbiate voluto soffrire per nostro conforto e per nostro esempio.

Ma segni, o anima pia, il tuo Gesù, che sospinto dall’amore vien maggiormente s’inoltra nella via del dolore. L’orrenda serie di tutti i delitti, di tutte le scelleratezze dei figli di Adamo gli si presenta al pensiero e gli lacera il cuore. Frattanto Ei vede che deve addossarsi quell’abbominevole fardello, e comparire al purissimo sguardo del Padre ricoperto di quelle lordure… E’ impossibile che mente umana possa comprendere e nep­pure immaginare l’orribile strazio che soffrì allora la benedetta e innocentissima anima di Gesù! Ei già se ne era pietosamente la­gnato, dicendo per bocca di un profeta: Su­pra dorsum meum fabricaverunt peccatores! Oh! come rimane oppresso il caro Salvatore sotto il peso di tanti peccati!

Ma l’agnello divino che sta per immolarsi alla divina Giustizia tanto offesa dagli no­mini, dopo aver soddisfatto per le umane iniquità, sacrificando la preziosa sua vita so­pra un patibolo per togliere dal mondo il peccato, potrà almeno sperare che gli uomi­ni, riconoscenti a tanto benefizio, daranno eterno bando al peccato e rimarran sempre fedeli a Colui che con tante pene li ha sal­vati da eterna morte?… Ah, povero Gesù, così fosse… Ma intanto un quadro più orri­bile del precedente gli si apre dinanzi. Egli vede che anche dopo aver redento con tante pene l’umanità e lavata la terra col San­gue suo dopo aver infuso ne’ suoi fedeli il divino Spirito, e aver fatto della terra un paradiso di grazia nell’adorabile Eucaristia ah! dopo tanti eccessi di carità Ei vede re­gnar tuttavia il peccato nel mondo. Vede la sua santa legge calpestata, la sua Chiesa e i suoi ministri perseguitati, le sue grazie ne­glette, il suo amor disprezzato… e piangendo esclama: Quae ittilitas in sanguine meo? per­chè versare io tutto il mio sangue? perchè morire fra gli spasimi d’un patibolo, se poi gli uomini, ingrati a tanto benefizio, vorran darsi in braccio al demonio e all’eterna di­sperazione? Quando finirà il regno del pec­cato nel mondo? E il buon Gesù dà uno sguardo a tutti i secoli avvenire, e in cia­scun secolo vede peccati, in ciascun anno ve­de peccati! Peccati in ciascun giorno, pec­cati in ogni momento!… E il peso di tutti questi peccati maggiormente l’opprime, e gli fa ripetere: Supra dorsum meum fabricave­runt peccatores prolongaverunt iniquitatem suam!

Anima mia, saresti mai tu fra coloro che prolungando la catena dei peccati e man­dando sempre più in lungo la promessa con­versione, strappano dal Cuore dell’agoniz­zante Gesù quel lamento sì pieno di giusto dolore? Oh, com’è orrendo il peccato dopo che un Dio ha versato tutto il Sangue ap­punto per distruggere il peccato! Oh, com’è orrendo il peccato in anime già lavate da ­quel Sangue divino! in anime congiunte nella Comunione al Cuore di Gesù! O afflittis­simo Salvatore, quanta ragione avete di la­mentarvi e di piangere!

Ma se Gesù con tanta ragione si lamenta de’ peccati de’ suoi redenti in generale, che non soffrirà al prevedere i peccati de’ suoi cari amici, ve’ dire delle anime pie, delle anime a Lui consacrate? Anime dilette, egli esclama, anime della mia pace, cioè che siete intime familiari del cuor mio, che vivete nel­la mia casa, che mangiate il mio pane e vi nutrite alla mia mensa perchè mi trafiggete il Cuore col peccato? Popolo del mio Cuore, che ti ho mai fatto? in che ti ho contristato? Io ti ho dissetato colle celesti acque della mia grazia, e tu mi aceto e fiele…. Io ti ho saziato colla manna preziosa della mia Carne, e tu mi percuoti con schiaffi e flagelli!… popolo mio, che ti ho fatto? in che ti ho contristato? Io ti ho preparato una sede in cielo, e tu mi presenti il patibolo!… Anima cara, vigna diletta del Cuor mio, che poteva io fare per te che non abbia fatto Quid debui ultre facere meae et non feci. E per tanto amore tu mi rendi triboli e spine! (Pausa).

OFFERTE

Perchè non posso, o afflitto Salvator mio, offrirvi il mio cuore e quello di tutti gli uo-mini acceso delle fiamme di perfettissima carità per ricambiare in qualche modo l’in­finito vostro amore? Dolente della mia e del­l’altrui freddezza, vi offro, o buon Gesù, quei santi ardori coi quali gli antichi patriarchi e profeti sospirarono la vostra venuta, e quel santo zelo con cui i vostri Apostoli portarono il vostro Nome per tutta la terra. Pater, Ave e Gloria.

Vi offro, o appassionato mio Bene, quella perfetta e tenerissima compassione colla qua­le l’immacolata Madre vostra, trafitta nel­l’anima dalla spada del dolore, compatì alle vostre pene; e quella perfettissima ricono­scenza con cui per tutto l’uman genere essa vi ringraziò, lodò e benedisse per l’infinito beneficio della Redenzione. Pater, Ave e Gloria.

Agonizzante mio Gesù, non potendo io, me­schina creatura, darvi come pur vorrei, qual­che conforto in tante vostre pene, vi offro quel palpito di gioia col quale unitamente a tutti gli Angeli del Cielo, l’Adorabile Tri­nità applaudì alla grande opera della Re­denzione, da Voi compiuta con tanto dolore e con tanto amore; e insieme vi supplico a far ben intendere a tutti i redenti questo mi­stero d’infinita carità. Pater, Ave e Gloria.

A terra è caduto l’amante Signore,

Dal carico oppresso d’immenso dolore,

Oppresso dal peso del nostro fallir.

O spirti celesti, un pó di conforto

Porgete al Signore, che geme nell’orto

Che prega, che piange, vicino a morir!

 

TERZO QUARTO D’ORA

Il gran Fiat

Contempla, o anima redenta, il tuo Sal­vatore, che trafitto il cuore dall’umana ingratitudine, è caduto agonizzante sulle dure zolle del Getsemani. E’ solo, abbando­nato, senza una mano che lo sostenga. Egli, che non ha ricusato di porgere la mano ai deboli, ai tribolati, anzi del suo medesimo divin petto ha fatto sostegno al discepolo che stan­co, posavagli il capo sul Cuore!…

Su, anima fedele, è giunto il momento di rendere al penante Gesù un ricambio d’amo­re. Che avresti fatto se nella notte della Pas­sione ti fossi trovata nel Getsemani presso l’agonizzante Gesù?

Mio penante Signore, io voglio sollevarvi da terra… voglio offrirvi il cuor mio, per so­stegno del vostro capo cadente… e poi vo’ dirvi una parola che vi comoli. Dolcissimo Salvatore, vi amo, vi amo, vi amo ! Vo’ cer­carvi amore, vo’ procurarvi amore, voglio che tutti vi amino… la vita stessa voglio spendere perchè siate amato… Sì, amato tanto, amato sempre, amato da tutti i vostri redenti. Mio dolce Gesù, ho detto che spenderei an­che la vita per farvi amare cioè che farei qualunque maggior sacrificio; ma poi quando incontro qualche lieve contradizione, una pic­cola umiliazione, un rifiuto, un rimprovero; una scortesia… lo sopporto? amo io davvero il sacrificio?… godo di potervi presentare l’offerta di qualche passione mortificata?… Buon Gesù, mi vergogno a rispondere… Ma qui presso a Voi; qui alla scuola del dolore e dell’amore voglìo imparare, o mio dolce Maestro, a mortificarmi, a sacrificarmi in tutto e per amor vostro.

Intanto scorrono lentamente per Cesù le ore della sua mortale agonia… Egli, il Dio del Cielo e della Terra, langue disteso sul suolo, e nessuno si dà pensiero di Lui. Ma i discepoli che fanno? Dormono!… Ah, Gesù nella notte della Passione doveva soddisfare anche la pena dell’abbandono de’ suoi cari, e ne sentì in cuore tutta l’amarezza! Quella pena allora Gesù l’accettò, la volle; ma ora non la vuol più; anzi brama che i suoi reden­ti gli veglino in certo modo d’attorno, medi­tando la sua Passione. Ma invece la maggior parte dormono il sonno degl’ingrati, che con­siste nell’oblio di chi ci ama e ci benefica. Oh, che eccesso d’ingratitudine e di durezza! Buon Gesù, non siete conosciuto; se vi conoscessimo, penseremmo sempre a voi, e il cuor nostro non palpiterebbe che per Voi. Mentre il buon Gesù geme solo ed agoniz­zante per terra, ecco un Angelo del Cielo che viene per consolarlo. Con umiltà di obbedien­te figlio, Gesù accoglie il messaggero del Pa­dre suo, pronto a sottostare a’ suoi comandi. L’Angelo viene per confortare Gesù, ma non per consolarlo non per alleggerirgli le pene, nè per levargli di mano l’amarissimo calice. Infatti ci rincuora Gesù a sostenere la gran battaglia cui va incontro, e a ricevere da for­te tutti i colpi che il Cielo, il mondo e l’in­ferno gli avrebbero scagliato contro. Il Cielo, perchè l’eterna. Giutizia del Padre stava per punire in Lui tutte le iniquita degli uomini. Il mondo, che non potendo soffrire la santità del Figlio di Dio, gli prepara il patibolo; e l’inferno che, per odio contro il Santo dei santi, eccita maggiormente la crudeltà dei nemici di Gesù, affine più spietatamente lo strazino. Indi l’Angelo lo esorta a bere sino all’ultima feccia l’abbominevole calice delle scelleratezze umane, a farsi per noi maledizione, a sostenere tutto il peso delle divine vendette.

Intanto giustizia e misericordia aspettano il fiat di Gesù, nel quale si sarebbero ricon­ciliate per sempre. Lo aspetta il Cielo per potersi popolare di uomini santi; lo aspetta la terra che anela di veder cancellato dal Sangue del Redentore divino la maledizione meritata dal primo peccato; lo aspettano i giusti imprigionati nel seno d’Abramo per poter volare nell’amplesso del Creatore; lo aspettano i miseri mortali per tornar figli di Dio e vedersi riaperte le porte del Para­diso. Ma quanto mai non costa quel fiat al mio Gesù, Egli innocentissimo, Egli santo ed immacolato, bisogna che prenda le aborrite divise di peccatore, di scellerato, bisogna che si faccia reo, e che faccia sue le nostre iniquità. Ciò lo addolora immensamente e gli fa ripetere: transeat, transeat a me calix iste! Ma al tempo stesso Ei vede che se non si fa reo delle nostre colpe, se non consente a chiamare sopra di sè tutti i flagelli della pu­nitrice Giustizia, e lavare nel Sangue suo le nostre iniquità, noi siamo perduti… Allora con un potentissimo sforzo d’eroico amore, Gesù pronunzia il gran Fiat.

Dice Fiat, e consente a caricarsi di tutti i nostri delitti, e, quasi fosse colpevole dei me­desimi; ne accetta, anzi ne chiama sopra di sè gli orrendi castighi; onde dice Fiat alle spine per espiare i nostri mali pensieri: Fiat ai flagelli per castigare in sè i nostri peccati di sensualità: Fiat agli insulti, agli sputi e agli schiaffi, per espiare il nostro orgoglio: Fial all’aceto ed al fiele in soddisfazione degl’in­numerevoli nostri peccati di parole e di gola. Fiat alla croce ed ai chiodi per riparare alle nostre disobbedienze. Fiat a quelle tre ore di atroci spasimi sul patibolo per sanare tutte le nostre piaghe, rimediar a tutti i nostri ma­li: Fiat alla morte per dare a noi l’eterna vita! Oh prezioso Fiat, che rallegra il Cielo, salva la terra, abbatte l’inferno! Fiat che spezza tante catene, asciuga tante lagrime Grazie, o buon Gesù; grazie d’un Fiat si generoso. Vi benedico e vi ringrazio in nome di tutti gli uomini. (Pausa).

OFFERTE

Padre santo, che in riparazione delle no­stre ribellioni e disobbediente voleste essere onorato dal generoso fiat di Gesù nel Getse­mani, io, vi offro quel fiat in espiazione di tutte le offese che ha ricevuto l’adorabile Maestà vostra dalla mia ribelle e restia vo­lontà, supplicandovi a concedermi pei meriti di quel medesimo fiat perfetta docilità ed obbedienza. Pater, Ave e Gloria.

Padre santo, per quella gloria che vi pro­curò il generoso fiat di Gesù nel Getsemani vi supplico a perdonarmi ogni fallo di ri­bellione e disobbedienza, concedetemi la gra­zia di vivere sempre pienamente sottomessa alla volontà vostra e a quella dei propri su­periori per vostro amore. Pater, Ave e Gloria.

Padre santo, per quei generosi sforzi e per quelle pene che costò a Gesù il fiat proferito nel Getsemani, vi supplico a concedere a me; a tutte le anime a voi consacrate, e a tutti i cristiani spirito di santa fortezza e costan­za, unito a quella generosità, che affronta lieta ogni sacrifizio per la vostra gloria. Pa­ter, Ave e Gloria.

Dal labbro divino, o Cielo, è già uscita

L’attesa parola che a noi dà la vita;

Ma ohimè! quanto costa al mesto Signor.

Gli costa un diluvio d’insulti e di pene,

Il sangue gli costa di tutte le vene,

Gli costa il morire in un mar di dolor !

 

ULTIMO QUARTO D’ORA

Il sangue di Gesù ed i suoi frutti

Il mio Gesù ha proferito dunque il gran fiat! Ma l’immenso sforzo di questo fiat lo fa cadere di nuovo a terra agonizzante sotto l’enorme peso che si è addossato. Da una parte lo preme la divina Giustizia che lo considera come una vittima universale in cui si adunano tutte le colpe e tutte le pene; e dall’altra parte lo preme l’infinito desiderio che ha di compiere la gran missione di Re­dentor del mondo, il che gli anticipa quel do­loroso battesimo di sangue da lui tanto bra­mato. Ah, che ora il buon Gesù può considerarsi come eletto frumento triturato fra due macine, e come dolce grappolo d’uva spremu­to sotto il torchio! Infatti, per l’immenso do­lore che gli stringe il cuore, incomincia a stil­lare (la tutte le sue membra il sangue; e ne versa in sì gran copia, che va a scorrere sulle zolle del Getsemani! Oh, quanto è costato a Gesù quel gran fiat! Oh, quanto ha dovuto soffrire per farsi pagatore di tutti i nostri debiti! qual vergogna per me che ricuso di fare anche i più lievi sacrifici, mentre vedo il mio Dio che spontaneamente si fa vittima per mío amore! Oblatus est quia ipse voluit!

Ma perché, dolce Gesù, perchè struggervi così tra infiniti dolori, Voi che, con una sola preghiera, con un sospiro, con un palpito del vostro cuore avreste potuto salvare tutto il mondo? Ma un profeta aveva già detto che la redenzione di Gesù sarebbe stata copiosa. E’ veramente copiosa è la redenzione da Lui operata, la quale non solo ci libera dall’eter­na morte, ma ci rimette nell’onore d’innocen­ti, di giusti, di santi! Solo un Dio poteva compiere sì grande operai ma Gesù ancora non è pago: l’incompren­sibile amor suo vuole che per mezzo dei suoi dolori ci venga posta in mano come cosa as­solutamente nostra, il tesoro de’ suoi meriti, col quale possiamo ottener dall’Altissimo ogni bene.

Che si potrebbe bramare di più? Ma vi sono dei beni sì grandi cui l’uomo non avrebbe osato chiedere, anzi non avrebbe neppure mai pensato di poter conseguire. Ci pensa però l’infinita carità del benedetto nostro Salvatore, e colla voce del Sangue suo, e coi gemiti del suo Cuore agonizzante c’impetra dal Padre la somma grazia d’essere innalzati fino all’amplesso della Divinità, mercè l’Eu­caristia, da Lui quella notte medesima isti­tuita. E quasi ciò non basti ad appagare una carità che non conosce confini, Ei vuole che il suo Spirito, il Paracleto divino sia infuso e dimori permanente nelle anime nostre. – ­Pregherò il Padre, aveva detto quella sera stessa ai discepoli, pregherò il Padre, ed gli vi darà lo Spirito Santo. – E ora qui nel Getsemani, agonizzante e grondante sangue, Ei compie tal promessa meritando a noi l’in­fusione del divin Paracleto, e innalzando così l’uomo al supremo grado della felicità, della grazia e della Gloria.

Ormai Gesù non può fare di più per noi; pur gli rimane un desiderio Ei ricorda che già il Padre avevagli detto: Chiedi a me, e ti darò per tua eredità le nazioni; e alzando al Cielo la fronte che grondava Sangue, do­manda al Padre che di mezzo alle nazioni promessegli come sua eredità, Ei possa aver qualche scelto drappello di anime spose che siano le predilette del suo Cuore, le disce­pole fedeli che ne ricopino gli esempi, e nelle quali Ei possa versare l’abbondanza di quelle grazie da lui meritate con tante pelle. – Da mihi animas, da mihi animas, cetera tolte tibi. Anime, o Padre, dammi le anime e ti cedo tutto il resto, anche la vita mia che si consumerà sul patibolo per le anime. Da mihi animas. – E fra tante anime Gesù allora sceglie anche la tua, la brama, la vuole, la chiede gemendo al Padre, e per essa in par­ticolare rinnova l’offerta di tutto e delle iufinite sue pene. O anima, o anima, quanto mai sei amata da quel Dio che sudando sangue, ti scelse, ti volle, ti abbracciò quale sposa!

E come dall’alto della croce fra poco Ge­sù dirà alla Madre: Ecco il tuo figlio; e le consegnerà nella persona di Giovanni tutti i suoi redenti, così nel Getsemani si volge al Padre e dice: Ecco i tuoi figli: Io tuo Fi­glio per natura, prendo il posto dell’uomo peccatore, affinchè il peccatore prenda il mio luogo, e divenga tuo figlio per grazia. A me, o Padre, le pene e al peccatore perdono e pa­ce; a me la morte, a lui la vita; a me il tuo abbandono, o Padre, e a lui perfetta, beata ed eterea unione con Te… Ecco, ecco i tuoi figli… abbracciali. Il sangue mio li rende pu­ri, belli e degni di Te. Padre io voglio (Gesù non aveva mai detto voglio, ma ora lo dice) io voglio che le anime che mi hai date, siano una cosa sola con noi, unificate in noi, come io sono uno con Te. Ricordati, o Padre, che mi sono abbassate a farmi uomo affinchè l’uomo fosse innalzato fino a Dio, regnante nella stessa tua gloria per tutta l’eternità. Ecco gl’incomprensibili misteri d’amore che si operano nel cuore d’un Dio che suda sangue per gli uomini! Ecco gli ammirabili frutti del sangue di Gesù.

Silenzio, ammirazione e generoso amore questo, o anima redenta, o anima sposa di un Dio umanato è il solo ricambio che tu puoi offrire a quel Grande, a quel Santo, a quel­l’infinito Amore che s’immola per te! (Pausa).

OFFERTE

Padre santo, col cuore penetrato della più viva riconoscenza, io vi ringrazio in nome di tutti gli uomini, perchè ci avete dato un Redentore sì buono e sì generoso, nel quale con infinito vantaggio abbiamo riacquistato i beni perduti per la colpa originale. Vi of­fro per la salvezza di tutti i redenti il Sangue ch’Egli ha versato; deh! fate che i frut­ti della Redenzione siano copiosi quanto la Redenzione stessa e che il buon Gesù sia da tutti i figli di Adamo conosciuto, benedetto, amato e ringraziato per tutta l’eternità. Pa­ter, Ave e Gloria..

Padre santo, io vi offro il prezioso San­gue di Gesù per impetrare dalla vostra mi-sericordia l’esaltazione e l’incremento della Chiesa Cattolica, la conversione di tutti i peccatori, la perseveranza dei giusti e la libe­razione delle anime del Purgatorio. Ve l’of­fro pel maggior bene dei miei superiori e di tutti i miei cari. Di più ve l’offro per la santificazione dell’anima mia e per ottene­re… (qui si chiedano tutte le grazie che bra­miamo). Pater, Ave e Gloria.

Padre santo, che avete amato il mondo fino a dargli l’Unigenito vostro e sacrificarlo fra tante pene, ora fate che il mondo tanto ami Gesù, tanto gli sia riconoscente, tanto lo be­nedica ed esalti, e tante siano le anime a Lui perfettamente unite, a Lui costantemente fe­deli; e una del bel numero sia anche la mi­sera anima mia. Padre santo, vi offro i ge­miti, le preghiere, le agonie di Gesù nel Get­semani col Sangue ch’egli ha versato, affin­chè vi degnate ridestare vivissima nel cuore di tutti i Cristiani la divozione agli ammi­rabili misteri della Redenzione; e con essa quel vero e generoso spirito di sacrifizio, che rende le anime somiglianti a Gesù. Pater, Ave e Gloria.

O Sangue prezioso, che versa dal Cuore

A terger le colpe, il Dio Salvatore;

lo t’amo, l’adoro: mia speme sei tu.

Per te si cancella l’editto di morte

Per te si riapron del cielo le porte, O

Sangue prezioso del caro Gesù!

 

CONCLUSIONE

Un altro sguardo al tuo Gesù, o anima, figlia, del suo amore e delle sue pene. Le lun­ghe ore dell’agonia nel Getsemani già son passate per dar luogo ad una giornata di strazi e alle ultime tre ore di agonia sul pa­tibolo. Ecco Giuda che viene a tradirlo… e Gesù gli va incontro come agnello mansueto! Ah, Gesù mio, dovrò vedervi tra le braccia d’un traditore? Ah, noi venite tra le mie braccia; anzi nel mio cuore, buon Gesù, che io non voglio più offendervi, ma sempre amarvi (Comunione spirituale).

 

FRUTTI DA RICAVARSI DALL’ORA SANTA

1. Stamparsi in cuore le pene di Gesù e meditarle spesso.

2. Eccitarsi a generoso amore verso Gesù e non negar­gli nessun sacrifizío.

3. Rilettere che il benedetto Gesù non essendo or pià sofferente sulla terra, e non avendo più bisogno di amorosi servigi, ha lasciato in suo luogo i tribolati onde quel com­patimento e quegli aiuti, cui Egli (per più patire) rinun­zi nella sua passione, vuole che li prestiamo al nostro prossimo, sicuri ch’Egli tiene per fatto a Sè ciò che fac­ciamo ai nostri fratelli. Questa riflessione farà crescere in noi la carità.

BREVISSIMO COMPENDIO DELL’ ORA SANTA

Nel seguente compendio si accennano alcuni pensieri per chi bramasse fare l’Ora Santa senza leggere per disteso. Si avverta che i tre punti d’ogni quarto d’ora corrispondono a cinque minuti di tempo. A ciascuno di questi punti (dopo averli alquanto considerati) si può aggiungere qualche pre­ghiera vocale.

 

PRIMO QUARTO D’ORA

Che vede Gesù nel Getsemani?

I. Da una parte egli vede un abisso di mali, cioè i peccati di tutti gli uomini da Adamo fino al terminar dei secoli; e vede anche i nostri, e li piange amaramente.

II. Dall’altra parte Ei vede un abisso di pene, cui ha da sottoporsi per espiazione di tutti i peccati.

III. Quanto non bai contribuito anche tu, anima mia, alle pene del tuo Salvatore! Quanto non accrescesti co’ tuoi peccati a peso dei suoi dolori!

SECONDO QUARTO D’ORA

Che dice Gesù nel Getsemani?

I. Oppresso da smisurato dolore si volge al Padre e dice: Padre, se è possibile, pas­si da me questo calice senza che io lo beva. – Poi soggiunge: Ma non sia fatta la mia volontà, sibbene la tua. – E con queste pa­role acconsente a farsi vittima per salvarci.

II. Indi si reca ai tre discepoli cui aveva detto: Vegliate meco e pregate; e trovatali addormentati li riprende amorevolmente di­cendo: Non poteste dunque vegliare meco neppure un’ora?

III. Oh, quante sono le anime pigre e son­nacchiose che non obbediscono al vegliate e pregate, e ricevono le visite di Gesù dormen­do il funesto sonno della tiepidezza!

TERZO QUARTO L’ORA

Che soffre Gesù nel Getsemani?

I. Offre quanto avrebbero dovuto soffrire per amara

contrizione e per giusta pe­nitenza tutti i peccatori del mondo; perchè egli vuol veramente soddisfare, veramente cancellare, tutti i nostri peccati.

II. Soffre quanto mai può soffrire il più amante di tutti i cuori nel vedersi ricam­biato con dispregio e ingratitudine… nel ve­dere che per molti saranno inutili le sue, pene e la sua morte di croce!

III. Che vergogna è per noi fare e patire sì poco per salvarci; mentre vediamo che il Figliuolo di Dio appunto per salvarci si sa­crifica in un abisso di dolori

ULTIMO QUARTO D’ORA

Che fa Gesù nel Getsemani?

I. Abbraccia nella sua infinita carità tutti quanti i peccatori di tutti i luoghi e di tutti i tempi, se li stringe al Cuore, li bagna del Sangue suo, li monda dai loro peccati, li arricchisce de’ suoi meriti, e si fa reo e pagatore per essi!

II. Poi, confermando di nuovo con un ge­neroso fiat il decreto della sua immolazione, ricongiunge Dio, e uomo, già separati dal peccato. Indi si volge ai suoi redenti per dar loro l’addio d’un padre che va a morire per i suoi figli…

III. Che risponderai, o anima redenta, al tuo Signore che ti dice: Addio, vado a im­molarmri per te? La sola condegna risposta è questa: Ed io, o amante Salvatore, m’im­molerò per Voi, e vi prometto di non ricu­sare mai più al vostro amore nessun sacri­ficio. Amen.

ORAZIONE PER OTTENERE GRAZIE

composta da santa Gemma Galgani

Eccomi ai vostri santissimi piedi, caro Gesù, per manifestarvi ogni momento la mia gra­titudine pei tanti continui favori che mi avete fatto, e che ancora volete farmi. Quante volte vi ho invocato, o Gesù, mi avete fatta sempre consolata. Come esprimermi con voi, caro Gesù? Vi ringrazio. Ma un’altra grazia voglio, o mio Dio, se a voi piace (..…). Se voi non foste onnipotente non vi farei questa domanda. O Gesù abbiate pietà di me. Sia fatto in tutto il vostro santissimo volere.