Un Giubileo straordinario con dieci anni di anticipo. Un evento storico, a 15 anni dal Grande Giubileo del 2000 voluto da san Giovanni Paolo II, che avrà inizio con l’apertura della porta santa della Basilica di San Pietro l’8 dicembre 2015, a 50 anni esatti dalla chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II, e terminerà il 20 novembre 2016, nella solennità di Cristo Re. È l’annuncio a sorpresa che Papa Francesco ha fatto, nella Basilica Vaticana, durante l’omelia della celebrazione penitenziale, esattamente a 2 anni dalla sua elezione al pontificato. “Ho deciso di indire un Giubileo straordinario che abbia al suo centro la misericordia di Dio. Sarà un Anno Santo della misericordia”. È stato lo stesso Bergoglio a spiegare il significato di questo evento straordinario per la vita della Chiesa cattolica: “Nessuno può essere escluso dalla misericordia di Dio; tutti conoscono la strada per accedervi e la Chiesa è la casa che tutti accoglie e nessuno rifiuta. Le sue porte permangono spalancate, perché quanti sono toccati dalla grazia possano trovare la certezza del perdono. Più è grande il peccato – ha sottolineato il Papa – e maggiore dev’essere l’amore che la Chiesa esprime verso coloro che si convertono”.
Un messaggio chiarissimo anche per i padri sinodali del Sinodo dei vescovi sulla famiglia che si terrà alla vigilia del Giubileo, dal 4 al 25 ottobre 2015, e dal quale dovranno uscire risposte concrete per l’accoglienza dei divorziati risposati e dei gay nella Chiesa. Il Papa lo ha ribadito con grande forza parlando ai confessori: “Non esiste alcun peccato che Dio non possa perdonare! Nessuno! Solo ciò che è sottratto alla divina misericordia non può essere perdonato, come chi si sottrae al sole non può essere illuminato né riscaldato”. Una spiegazione eloquente della “Chiesa in uscita” sognata da Bergoglio fin dalla vigilia del conclave del 2013 che lo ha eletto Papa e che Francesco vuole realizzare. Nell’annunciare l’Anno Santo, infatti, il Pontefice ha spiegato di aver “pensato spesso a come la Chiesa possa rendere più evidente la sua missione di essere testimone della misericordia. È un cammino che inizia con una conversione spirituale”. Per questo Bergoglio vuole che i fedeli di tutto il mondo vivano questo evento storico alla luce di una particolare parola tratta dal vangelo di san Luca: “Siate misericordiosi come il Padre”.
Dal punto di vista organizzativo il Papa ha voluto affidare l’organizzazione di questo Giubileo al Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, presieduto da monsignor Rino Fisichella, “perché possa animarlo come una nuova tappa del cammino della Chiesa nella sua missione di portare a ogni persona il vangelo della misericordia. Sono convinto – ha spiegato Francesco – che tutta la Chiesa potrà trovare in questo Giubileo la gioia per riscoprire e rendere feconda la misericordia di Dio, con la quale tutti siamo chiamati a dare consolazione a ogni uomo e ogni donna del nostro tempo”. La bolla ufficiale di indizione dell’Anno Santo sarà pubblicata il 12 aprile 2015, domenica della divina misericordia, festa istituita da san Giovanni Paolo II. Un tema, quello della misericordia, fortemente presente nel magistero di Papa Francesco il cui termine, che compare anche nel suo motto episcopale, ricorre ben 31 volte nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, il documento programmatico del suo pontificato.
Il Giubileo è sicuramente tra i momenti più significativi e importanti della vita della Chiesa, di livello inferiore soltanto a un concilio. Durante l’Anno Santo fedeli di tutto il mondo arrivano in pellegrinaggio a Roma per ricevere l’indulgenza plenaria, ovvero la cancellazione delle pene previste per i peccati commessi. Il cuore dell’evento è il passaggio attraverso le 4 porte sante presenti nelle Basiliche Papali: San Pietro, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e San Paolo fuori le mura. Anticamente, presso gli ebrei, il Giubileo era un anno dichiarato santo che cadeva ogni 50 anni, nel quale si doveva restituire l’uguaglianza a tutti i figli d’Israele, offrendo nuove possibilità alle famiglie che avevano perso le loro proprietà e perfino la libertà personale. Ai ricchi, invece, l’anno giubilare ricordava che sarebbe venuto il tempo in cui gli schiavi israeliti, divenuti nuovamente uguali a loro, avrebbero potuto rivendicare i loro diritti. La Chiesa cattolica ha iniziato la tradizione dell’Anno Santo con Bonifacio VIII nel 1300. Dante ne descrive la grandissima affluenza di pellegrini nell’Inferno. Le polemiche non mancarono con la vendita delle indulgenze. All’inizio la cadenza tra un Giubileo e l’altro era di 50 anni, ma poi fu dimezzata. Fino a oggi, compreso quello indetto da Francesco, ne sono stati celebrati 29 di cui 24 ordinari e 5 straordinari come quello che inizierà alla fine del 2015. L’ultimo Giubileo straordinario era stato indetto da Wojtyla nel 1983 per i 1950 anni della redenzione, ovvero della resurrezione di Gesù.
Era il 13 marzo 2013 quando il nuovo Papa si è affacciato per la prima volta dalla finestra di piazza San Pietro. Sono passati due anni e papa Francesco ha conquistato il cuore dei fedeli e anche dei non cattolici.
Mario Giuseppe Bergoglio ha lasciato l’Italia per Buenos Aires nel 1929, a 21 anni, e ottantaquattro anni dopo il figlio è approdato in Italia per fare il Papa. Il primo Papa latinoamericano della storia della Chiesa ha intrecciato un rapporto normale e nello stesso tempo speciale con il Paese di origine della sua famiglia. In settembre a Redipuglia, dove gli hanno regalato il foglio matricolare del nonno Giovanni Carlo Bergoglio che ha combattuto nella prima guerra mondiale, ha chiamato alla responsabilità per il sangue dei fratelli ingoiati dalle guerre, ribaltando il “me ne frego” del Ventennio e dilatando a livello mondiale la condanna di tutte le guerre. Nei giorni scorsi, incontrando la Confcoopeative, ha chiesto un rinnovato slancio della solidarietà e onestà della economia cooperativa, contro la corruzione che contamina la società italiana e contro e la economia del dio-profitto che disumanizza il mondo. A giugno sarà a Torino per l’ostensione della Sindone, ma finora non sembra in programma nessuna visita ai luoghi d’origine della famiglia, nell’astigiano. Il 21 prossimo visiterà Pompei e Napoli e in settembre Firenze, per il convegno nazionale della Chiesa italiana.
Cambia la Chiesa
I viaggi in Italia fin qui compiuti, in particolare Lampedusa e Cagliari – per l’attenzione data alla realtà degli immigrati e della disoccupazione, Caserta, per la interpretazione del rapporto con le comunità pentecostali – hanno detto molto del suo modo di rapportarsi all’Italia. È dei giorni scorsi la nomina don Francesco Savino, finora parroco di Bitonto, che nell’account di posta elettronica come per i suoi parrocchiani è semplicemente “don Ciccio”, a vescovo di Cassano allo Ionio al posto di mons. Nunzio Galantino. Sia don Savino che diventa vescovo sia mons. Galantino ancora più saldamente in carica alla Cei proseguono quellatrasformazione della Chiesa italiana nel senso della pastoralità, della chiesa dei poveri e delle periferie che il Papalatinoamericano persegue da quando è stato eletto. Una immagine di Chiesa che Papa Francesco ha indicato molto chiaramente anche con le berrette italiane dei suoi due primi concistori: per Bassetti a Perugia l’anno scorso, e per Montenegro a Agrigento e Menichelli a Ancona lo scorso 14 febbraio.
Il linguaggio
Nel linguaggio quotidiano, il Papa ricorre ogni tanto alle parole imparate dalla nonna, come quel “mugna quacia”, cioè “faccia da immaginetta”, nella udienza generale del 4 giugno scorso; altre volte invece crea neologismi dall’italiano: è il caso di quel “non costringere i poveri a ‘mafiarsi'” raccomandato il 31 dicembre alla città di Roma. Dopo la sintonia registrata con Giorgio Napolitano in particolare circa la sobrietà e la preoccupazione per l’unità il bene comune, è ancora tutto da costruire il rapporto con Sergio Mattarella, la cui elezione comunque è stata accolta con simpatia in Vaticano. Il ritratto che del neopresidente ha fatto la rivista Civiltà cattolica, le cui bozze vengono riviste dalla Segreteria di Stato vaticana – in particolare per quanto riguarda la evocazione nel discorso di insediamento del presidente di parole come “‘volti’, ‘comunità’, ‘unità’, ‘speranza’ che nel tempo del leaderismo e della debolezza del diritto ricollocano al centro un insegnamento degli antichi: ‘sub lege libertas’ (siamo liberi sotto la legge)”,- si basa su elementi apprezzati da PapaBergoglio. Inoltre la analisi del discorso di insediamento di Mattarella fatta dal gesuita Bartolomeo Sorge su Aggiornamenti sociali, mette in luce il fatto che per il nuovo presidente “la vera partita che oggi si gioca in Italia è tra la sfiducia della sua gente verso le istituzioni democratiche e la politica e la speranza di un futuro migliore, fondata non solo – osserva Sorge – sulle attese degli italiani, ma anche sulle energie vive di cui il Paese dispone”. Sorge segnala inoltre che il nuovo presidente ha insistito molto sulla lotta alla corruzione, alla mafia, al terrorismo internazionale.
Un paese sfiduciato
Jorge Mario Bergoglio, arrivando in Italia 84 anni dopo che il papà l’aveva lasciata, ha effettivamente trovato un Paese sfiduciato, a prima vista incapace di speranza. Un Paese che ha perso molta di quella solidarietà che al tempo di nonna Rosa Sivori animava i rapporti tra le persone anche in situazioni di forte divaricazione ideologica e di estrema povertà. Ha trovato un Paese la cui umanità si è impoverita. L’argentino Jorge Mario Bergoglio, – che ha letto almeno tre volte i Promessi sposi, che vive la stessa sobrietà dei nonni italiani, la fede operosa e la gioia appagata di un cristiano che si impegna quotidianamente nel servizio di Papa – può dare a questa Italia una scossa verso la ricostruzione, la speranza e la concretezza.
Cari figli, voi siete la mia forza. Voi, miei apostoli, che con il vostro amore, con la vostra umiltà nel silenzio della preghiera fate conoscere mio Figlio. Voi vivete in me, voi mi portate nel vostro cuore. Voi sapete che avete una Madre che vi ama e che è venuta per portarvi l’amore. Vi guardo attraverso il Padre celeste, guardo i vostri pensieri, le vostre sofferenze e vi presento tutti a mio Figlio. Non abbiate paura, non perdete la speranza perché mio Figlio ascolta sua Madre. Da quando è nato Lui ama e io desidero che tutti i miei figli possano conoscere questo amore. Pregate per quelli che a causa dei loro dolori hanno l’incapacità di capire e per questo lo hanno lasciato, che possano ritornare e per coloro che non lo hanno conosciuto mai. Per queso voi siete qui, miei apostoli e io come Madre con voi. Pregate per la forza della fede perchè dalla forza della fede viene l’amore e la misericordia. E con l’amore e la misericordia aiuterete tutti quelli che non sono capaci di capire e che scelgono il buio e non la luce. Pregate per i vostri pastori della Chiesa perché loro sono la forza della Chiesa che mio Figlio vi ha lasciato. Per mio Figlio loro sono i pastori delle anime. Grazie